L’Osservatorio di Modena rappresenta un tipico esempio degli Osservatori Astronomici sorti in Italia nel periodo fra il XVIII e il XIX secolo. Posto all’interno della cerchia delle mura cittadine, esistenti allora anche a Modena e abbattute tra il 1897 e il 1914,con la perdita di un prezioso patrimonio urbano, è pertanto ubicato in posizione centrale all’interno di un palazzo storico, il Palazzo Ducale, allora sede del Governo Estense e oggi dell’Accademia Militare. La torre di Levante è tuttora pertinenza dell’Osservatorio.
La sua localizzazione aveva motivi pratici e logistici: era facilmente raggiungibile, in un’epoca in cui non era possibile costruire Osservatori in alta montagna, ed in un edificio sopraelevato rispetto agli altri in modo da avere libera visuale sull’intero orizzonte del cielo. Come vedremo in seguito però gli studi astronomici si rivelarono ben presto difficoltosi. Infatti già nel XIX all’interno delle città, e più in generale nella Pianura Padana, le frequenti nebbie e condizioni di scarsa visibilità, unite alle emissioni antropiche (i riscaldamenti a legna prima e carbone poi iniziavano sempre più a inquinare l’aria) rendevano spesso opaca e torbida l’aria. A ciò si aggiungerà nel XX secolo il disturbo sempre maggiore dell’inquinamento luminoso, insieme alle crescenti emissioni antropiche, fattori condizionanti della vita quotidiana e non solo per le osservazioni astronomiche, oggi pressoché irrealizzabili in una città posta in pianura Padana.
Gli astronomi Modenesi dell’800 però hanno avuto il grande merito di iniziare, a fianco delle loro osservazioni della volta celeste, una serie di misure meteorologiche. L’astronomia fu abbandonata già a fine del XIX secolo, ma le misure meteorologiche resteranno sempre presenti nella vita dell’Osservatorio di Modena ed è così che pian piano hanno assunto un immenso valore scientifico per lo studio del clima e microclima della città, ma anche delle variazioni climatiche legate ai cambiamenti a scala globale, sia di origine naturale sia, soprattutto, antropica.
Inizi 1800
Il Duca di Modena Francesco IV d’Este, spinto anche dall’Arciduca Massimiliano (suo fratello) manifestano il loro vivo interesse affinché anche a Modena ci sia un Osservatorio per osservazioni astronomiche e meteorologiche. Due grandi scienziati collaborano e auspicano la nascita di un Osservatorio a Modena, essi sono Giuseppe Bianchi (Modena, 13/10/1791 – 25/12/1866) e Giovanni Battista Amici (Modena 25/03/1786-1868). Bianchi in particolare conseguì il titolo di Ingegnere Architetto e quindi indirizzò i suoi studi e interessi all’astronomia, entrando come osservatore nella Specola di Padova diretta dal Santini. Il Duca, giunto a conoscenza del giovane e valente scienziato modenese, decise nel 1814 di inviarlo a studiare e perfezionarsi con sussidio governativo (in sostanza una moderna “borsa di studio”) all’Osservatorio di Milano sotto la guida del Cesaris e dell’Oriani affinché si preparasse a progettare e dirigere il futuro Osservatorio di Modena. Amici invece fu un illustre matematico, fisico, ottico e botanico modenese, nonché costruttore di numerosi strumenti ottici. Fra i due grandi scienziati la collaborazione reciproca era tale che il Bianchi chiese più volte il sostegno e l’aiuto dell’Amici per arrivare più in fretta possibile alla nascita del nuovo osservatorio. Fra i vari passaggi il 17 giugno 1817 Bianchi chiede:
E questa torre astronomica quando si innalzerà? Io spero presto. In quest’anno veramente è stato peccato non gettare le basi dell’astronomia in un nuovo osservatorio, poiché la stagione è stata costantemente tanto bella che si potevan fare le osservazioni di 40 anni.
G. Bianchi, 17 giugno 1817
1818-1826 : Nascita del Regio Osservatorio Astronomico
Il Duca decide di realizzare presso il Palazzo Ducale (la propria residenza) il Regio Osservatorio Astronomico dandolo in uso alla Regia Università di Modena. Contestualmente l’Università istituisce la cattedra di Astronomia Teorica. La direzione è affidata al prof. Giuseppe Bianchi. Iniziano le osservazioni astronomiche e meteorologiche. L’Istituzione dell’Osservatorio si avvale fortemente della collaborazione con G.B. Amici. Oltre alle osservazioni citate, all’Osservatorio è affidata anche l’introduzione del sistema metrico decimale nel Ducato.
1859-1892 : l’Osservatorio Meteorologico
“Licenziato il prof.Bianchi”
Con questa concisa e fredda frase troviamo ancora oggi traccia, nel primo volume manoscritto delle osservazioni 1830-1859, del convulso periodo Modenese della primavera-estate 1859 che culminò con l’abbandono del Duca della città di Modena l’11 giugno 1859, e l’arrivo il 19 di Luigi Carlo Farini, deputato e Ministro con Massimo d’Azeglio e successivamente collaboratore di Cavour. Mentre Modena si preparava a proclamare l’adesione al Regno di Sardegna, il 21 settembre 1859 Giuseppe Bianchi doveva lasciare forzatamente la Direzione dell’Osservatorio per il suo legame e attaccamento al Duca.
La direzione dell’Osservatorio passa prima all’Ing. Pietro Tacchini, giovane e valente ingegnere, formatosi all’Osservatorio di Padova. Il periodo di direzione del Tacchini fu abbastanza breve, ma ricco di significato, vista anche la successiva carriera e fama acquisita dal Tacchini. Egli infatti fonderà la Società Italiana degli Spettroscopisti, poi divenuta Società Astronomica Italiana, e sarà posto Direzione del Collegio Romano e dell’Ufficio Centrale di Meteorologia, dal 1879 al 1899.
Dal 1863 la direzione passa nelle mani di Domenico Ragona, scienziato molto noto e direttore dell’Osservatorio di Palermo.
Sono privilegiate, anche a causa dell’istituzione delle reti di osservazioni meteorologiche nazionali, le osservazioni meteorologiche. Il nome cambia in Osservatorio Meteorologico e, grazie all’operato e alle invenzioni di Ragona, acquista fama internazionale.
1892-1906: l’Osservatorio Geofisico
Alla fine del XIX secolo, scomparso il Ragona, la Facoltà di Scienze dell’Ateneo affida al prof.Ciro Chistoni la guida dell’Osservatorio, allora Istituto autonomo. Provenente dalla scuola di Giovanni Cantoni, uno dei padri della meteorologia italiana, di cui Chistoni fu assistente a Pavia fin dal 1877, passò poi a lavorare con il Tacchini presso l’Ufficio Centrale di Meteorologia, dove nel 1879 e dal 1881 iniziò una campagna di misure per stilare la carta magnetica d’Italia. Egli dunque era esperto non solo di meteorologia, ma anche di magnetismo e di radiazione solare, inizia sotto la sua guida una nuova trasformazione delle attività dell’Osservatorio che lo porteranno a cambiare nuovamente nome in “Geofisico” nel 1897.
1906-1936: Nascita del Museo dell’Osservatorio
Nel 1906 Chistoni lascia la direzione subentra il prof.Carlo Bonacini. Le misure meteorologiche restano al centro e il primo scopo dell’Osservatorio, nella pag.XXVI del volume “Nel primo centenario” si possono leggere le parole del nuovo direttore:
Nel programma di lavoro dell’Osservatorio due grandi linee restano tracciate dalla tradizione. Da un lato le osservazioni meteorologiche e gli studi di climatologia: da farsi nella misura più vasta e nella forma più corretta. Dall’altro, lo studio di uno dei più importanti temi della fisica terrestre, quello della radiazione solare.
Carlo Bonacini
In quegli anni comunque il Bonacini con una serie di validi assistenti cerca perfino di riprendere le misure astronomiche, rispolverando il cannocchiale di Fraunhofer col quale osservò il passaggio di Mercurio sul sole del 12 novembre 1907 e la coda della cometa di Halley nel maggio 1910, quando si pensava che potesse entrare in contatto con l’atmosfera con conseguenze anche catastrofiche.
Sotto la guida di Bonacini si iniziano a raccogliere strumenti e documenti storici per organizzarli in un nuovo museo (sempre negli stessi locali): il Museo dell’Osservatorio attualmente chiamato Museo Astronomico e Geofisico.
1936-1965: Attraverso la guerra:
Il prof. Luigi Barbanti Silva ha la direzione dell’Osservatorio durante la seconda guerra mondiale. L’Accademia è un punto cruciale per le ben note vicissitudini (fu anche carcere per prigionieri politici). Il Direttore e il tecnico Giuseppe Sola riescono a mantenere l’Osservatorio e a dare continuità alle osservazioni meteorologiche. Vale la pena di citare, parole testuali, quanto riporta il Barbanti Silva nell’annuario 1951 (per il testo completo clicca qui), nel quale vengono raccolte le osservazioni del periodo 1938-1952:
L’Osservatorio Geofisico della Università di Modena è sito dalla fondazione (1830) nel torrione sud-orientale del Palazzo ex Ducale, sede della Accademia Militare. Questa sua ubicazione particolare non è stata di nocumento al funzionamento dell’Osservatorio anche durante il primo periodo della recente guerra, e cioè fino all’8 settembre 1843. […]
Luigi Barbanti Silva
Le osservazioni correnti sono tuttavia continuate regolarmente mercè lo spirito di abnegazione del Tecnico-Osservatore sig. Giuseppe Sola che, con raro attaccamento al dovere, ha continuato il suo servizio pure in condizioni di minaccia della sua incolumità personale. […]
Dal 21 dicembre 1944 le osservazioni, senza un solo giorno di sosta, sono proseguite nella torre dell’università fino alla fine delle ostilità (21 aprile 1945). Da questa ultima data ha ripreso a funzionare nella sua sede abituale.
1965-1984: L’Istituto Osservatorio Geofisico
L’Osservatorio Geofisico passa a far parte dell’Istituto Osservatorio Geofisico nel 1965 sotto la direzione del Prof. Carlo Depietri e in contemporanea inizia un nuovo interesse per le discipline geofisiche motivato dalle prime sensibilità ambientali, anche se si era ancora ben distanti dalle problematiche e attenzione che hanno oggi. Accanto alle osservazioni meteorologiche l’Osservatorio lavora anche su misure di radioattività e una serie di giovani ricercatori inizia a portare un nuovo impulso anche al settore della ricerca. Fra questi spiccano i nomi di Gaetano Magnoni, Rodolfo Cecchi, e Gianfranco Saltini, di cui nella Biblioteca storica si ritrovano vari lavori e tesi.
Dopo la prematura scomparsa di Depietri per un tragico incidente stradale, il 28 maggio 1968 l’Osservatorio passa sotto la guida dell’Istituto di Fisica, col prof. Arturo Loria.
Fra fine anni ‘970 e inizio anni ‘980, mentre si succedono la breve direzione del prof.Giancarlo Saltini, dal 10 gennaio 1978 al 31 ottobre 1980, e quindi quella di Gaetano Magnoni, dal 1° novembre 1980 al 5 febbraio 1984. In questo periodo vengono accuratamente analizzate, con metodi di analisi spettrale e di statistica, le serie di dati, in particolare delle temperature, delle piogge e della pressione. Emergono così probabilmente, fra i primi casi in Italia, le prime evidenze di un cambiamento climatico antropogenico, benché la causa, allora, venisse ascritta, più che a processi globali quali l’effetto serra antropogenico e il conseguente global warming, ad effetti locali, anche se comunque antropici quali l’isola di calore urbana.
1984-1994: La Direzione Santangelo
Con gli anni 1980 la vita dell’istituto cresce e si sviluppa notevolmente grazie all’attivo e dinamico gruppo di giovani ricercatori e all’attività di Osservazione tradizionale inizia ad affiancarsi quella che potremmo chiamare l’Osservazione delle “nuove stelle”: i satelliti artificiali. Le linee di ricerca intanto si allargano e nel frattempo dal 6 febbraio 1984 la direzione passa alla guida del prof. Renato Santangelo. Prosegue l’analisi delle serie storiche con metodi stocastici e statistici applicati a temperature, pressione, precipitazioni idriche, dopo che già nel 1975 era stata analizzata e aggiornata la statistica delle nevicate. L’attività si allarga non solo al contesto locale e della serie storica ma anche ad altri punti di misura e siti. Per quanto riguarda l’attività strettamente connessa alle osservazioni tuttavia le condizioni della sede, del torrione, continuano a degradarsi e così queste attività si svolgono sempre più in altri laboratori, presso il nuovo Campus universitario di via Campi, dove si stabiliscono segreteria (dal 1967 la segretaria è la sig.ra Anna De Gennaro e dal 1991 subentra Giulia Scatasta), gli studi e i laboratori. Presso l’Osservatorio storico proseguono sempre le misure con un set di strumenti di cui troviamo traccia grazie alla precisione di Paolo Frontero, in una nota interna datata 22 ottobre 1982. oltre ai classici strumenti si aggiunge un set completo di sensori elettronici (di temperatura, vento, pressione, umidità e precipitazioni idriche) col quale si iniziano i primi tentativi di automazione della stazione.
L’Istituto Osservatorio Geofisico raggiunge la sua massima espansione: 8 docenti/ricercatori a tempo indeterminato più vari assegnisti che si occupano di versi ambiti della geofisica (atmosfera, terra solida e liquida) in progetti anche internazionali. Un indirizzo del corso di laurea in Fisica è espressamente dedicato alla Geofisica. Ci sono tre tecnici di laboratorio e due tecnici amministrativi che curano le osservazioni e la manutenzione della strumentazione (quest’ultima aumentata notevolmente, inclusa l’automatizzazione delle acquisizioni).
Questa espansione ha avuto però anche i suoi effetti negativi: pur essendo le osservazioni presso il Palazzo Ducale mantenute con continuità e di primaria importanza, di fatto i locali non sono più frequentati se non per la manutenzione degli strumenti. Tutto il personale opera in via Campi. Ciò porta ad un rapido degrado dei locali storici.
Nel 1987 il nuovo tecnico responsabile dell’Osservatorio, Luca Lombroso insieme a Paolo Frontero, riceve il compito di ammodernare la strumentazione, passando dalla strumentazione meccanica, tradizionale, a un sistema di acquisizione dati automatico.
1994: Chiusura dell’Istituto Osservatorio geofisico e passaggio a Ingegneria
Nel 1994 l’Ateneo procede alla disattivazione degli Istituti. Conseguentemente L’Osservatorio Geofisico diventa parte del Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria. Da allora sarà sempre una struttura dei Dipartimenti di Ingegneria che sono seguiti (Ingegneria dei Materiali e dell’Ambiente, Ingegneria Enzo Ferrari). Il Referente rimarrà sempre il Prof. Santangelo fino al suo ritiro nel 2002.
1984-2013: Un periodo molto travagliato
Come già detto, nel periodo 1984-1994 le attività presso l’Osservatorio Geofisico diventano sempre più corpose e intense ma allo stesso tempo i locali storici del Palazzo Ducale sono soggette ad un continuo degrado dovuto al decentramento della sede fisica del personale (prima Via Campi, poi Via Vivarelli). Il Prof. Santangelo, accortosi di ciò intraprende diverse azioni di riqualificazione dei locali, compreso un progetto avvallato anche dalla Sovraintendenza e con l’appoggio dell’Ateneo. Seguono però, anche dopo il ritiro del prof. Santangelo, una serie di eventi che ostacolano fortemente, o addirittura vanificano, questi progetti. Fra i principali:
- 1987: Terremoto con epicentro a Correggio. In seguito all’evento i locali dell’Osservatorio, che hanno subito danni significativi, non vengono più ritenuti sicuri e sono dichiarati inagibili. Nel breve periodo i locali sono resi nuovamente agibili solamente per la manutenzione della strumentazione, ma i progetti e i finanziamenti per il ripristino dei locali si protraggono fino al 1996;
- 1997: Nuovo terremoto nelle provincie di Modena e Reggio Emilia. Questa volta i lavori di consolidamento partono più in fretta e tutto sembra risolversi.
- 1999: La ditta che sta terminando alcuni lavori di ristrutturazione provoca un incendio al tetto della struttura. I locali subiscono danni gravi, sono nuovamente chiusi e rimangono sotto sequestro giudiziario fino al 2001.
- 2002-2003: Nel mondo si assiste ad una escalation di attentati terroristici e si innescano nuove guerre, in particolare il conflitto in Iraq. Come conseguenza l’Accademia Militare deve innalzare il livello di sicurezza e ciò comporta forti restrizioni all’accessibilità dell’Osservatorio . Questa situazione si protrarrà per 10 anni.
- 2012: Terremoto dell’Emilia. I locali dell’Osservatorio, sui quali erano già stati fatti diversi interventi di consolidamento sono nuovamente danneggiati e necessitano di nuovi interventi.
2012: Il LARMA (Laboratori di Analisi Rilievo e Monitoraggio Ambientale)
Dal 2012 nasce il LARMA, un insieme di laboratori a servizio dei ricercatori del settore Ambientale del Dipartimento di Ingegneria. L’Osservatorio Geofisico entra a far parte di questa rete inglobando anche una serie di stazioni meteorologiche moderne (da 3 a 5 a seconda del periodo) sparse sul territorio. I dati meteorologici così integrati sono utilizzati in vari progetti di ricerca nei settori dell’Ingegneria Civile e Ambientale, della Fisica Tecnica, della Geologia, sono di supporto ai Corsi di Studi in Ingegneria Civile e Ambientale e vengono spesso richiesti da Enti pubblici o da privati.
2012-oggi: Inizia il Progetto Osservi@MO
Nel 2013, considerata la notevole importanza delle Osservazioni Meteorologiche e non dimenticando il valore storico e culturale dei locali, della strumentazione e dei documenti dell’Osservatorio si decide di tentare di riqualificarlo dando vita al Progetto Osservi@MO i cui obiettivi principali sono:
- Rendere nuovamente fruibili i locali storici dell’Osservatorio Geofisico al personale dell’Ateneo e ai cittadini;
- Ridare vita al Museo Astronomico e Geofisico, ripristinando, catalogando e mettendo in mostra (anche via Web o in formato multimediale);
- Preservare e dare continuità alle misure meteorologiche e geofisiche rendendole disponibili in primo luogo ai ricercatori dell’Ateneo e poi, in forma più contenuta, al cittadino.
- Mantenere come prioritaria la continuazione della Serie Storica di oltre 150 anni presso la balconata dell’Osservatorio, che ormai rappresenta un bene di valore culturale elevatissimo e raro anche nel contesto internazionale.
2018-oggi: La ristrutturazione dei locali
Un evento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi del progetto Osservi@MO è stata la ristrutturazione dei danni subito dal sisma del 2012, iniziati nel 2018 e che hanno nuovamente permesso la piena fruibilità dei locali.